GUASILA E
LE SUE TRADIZIONI POPOLARI
di
ANDREA MELAS
[La Dormitio Virginis]
[La caccia alla giovenca]
[Le corse dei cavalli]
[Is agullas de Santa Maria]
[Is kursas a su stampu]
[Canti e balli tradizionali]
Delle stratificazioni culturali
susseguitesi nel corso dei secoli, Guasila conserva diverse e
significative testimonianze linguistiche ed espressive,
ludico-ricreative e magico-religiose. Aspetti questi osservabili nella
parlata locale, negli usi e nei costumi, nei canti e nella stessa
tradizione ergonomica. Entro la classificazione sociale di comunit�
agropastorale, poi, che la accomuna agli altri paesi della zona, Guasila
presenta alcune specificit� di rilievo che meritano una particolare
attenzione. Parliamo del rituale della Dormitio Virginis,
la Vestizione del Simulacro della Vergine Dormiente del 13
agosto, del rituale de Sa kassa de s'akkizedda, la caccia
alla giovenca, che si volge nella giornata della vigilia (14 agosto)
della festa patronale, de is kuaddus curridoris, i cavalli
da corsa, nel pomeriggio della festa (15 agosto), dell'offerta de is
agullas de Santa Maria, gli spilli di Santa Maria, rito che chiude i
festeggiamenti patronali. Degne di menzione anche is cursas a su
stampu le corse di abilit� per Carnevale, i canti e i
balli, come manifestazioni del sentimento popolare.
Nel panorama delle numerosissime
usanze, che spaziano dall'alimentazione al lavoro (del contadino e del
pastore), dai giochi alle feste e alle ricorrenze varie, che scandiscono
i ritmi della vita dei Guasilesi, ma che in ultima analisi sono
riferibili anche ai cittadini degli altri paesi, gli aspetti suddetti
hanno da sempre caratterizzato le tradizioni e hanno dato a esse l'alone
di una certa diversit�.
La Dormitio Virginis.
Il 15 agosto, in pieno centro di quelle Feriae Augustales
cristianizzate poi dalla Chiesa Cattolica
con la festivit� dell'Assunzione,
ricorre a Guasila la festa patronale, sa festa manna.
Alla Vergine Assunta � dedicata la
parrocchiale, che ha come compatrono san Pietro apostolo.
Il simulacro della Vergine Assunta
riproduce fedelmente l'antica tradizione della Dormitio Virginis,
ossia della Dormizione della Gran
Madre di Dio, secondo il rito ortodosso. Nella parrocchiale guasilese,
una delle cappelle maggiori �
proprio dedicata all'Assunta. In una nicchia, sopra l'altare, il suo
simulacro giace
disteso fino al 13 agosto, quando, di
mattina presto si d� inizio al rituale detto della Vestizione, a
bist� sa Santa.
Si tratta di una
interessantissima sequenza di atti e di preghiere che si protraggono per
tutta la mattinata
e che si susseguono con una assodata
regia tramandata dalle donne (da notare l'esclusione degli uomini dal
rituale)
e che rimandano all'antichissima
usanza bizantina, a cui tale rituale rimanda.
Una volta sistemato il simulacro nel
letto, ai piedi dell'altare, il gruppo delle donne procede
a togliere le vesti "comuni", quelle
di ogni giorno, che dovranno lasciare posto a quelle sontuose
della Regina santorum omnium.
Questo avverr� non prima di aver cosparso di oli e profumi il corpo
della Santa.
L'ultimo atto � quello della
posa degli ori e dei gioielli, is prendas, e del completamento
del letto dorato,
con angeli di fianco, i veli ricamati
sugli archi e la sistemazione de is triunfus (particolare questo
non pi� in uso).
La semplicit� degli stessi atti
contrasta con la sacralit� con cui il tutto si svolge. Il rituale,
infatti,
conserva intatti alcuni aspetti dei
rituali funebri di "preparare" il morto: vestizione degli abiti
o delle vesti comuni, lavabo del corpo
e vestizione con abiti o vesti "buoni". Quest'ultimo aspetto dell'usanza
funebre si ricollega, insieme ad altri
particolari, al viaggio del defunto. Ed � anche in relazione con
l'esclusione degli uomini e al tab�
del corpo femminile nudo. Il rito bizantino si basava sulla "koimesis",
secondo la convinzione che la Vergine
fosse morta "per non sottrarsi alla legge comune, da cui non si
era sottratto neppure il suo Divin
Figlio". A rafforzare l'idea di rituale funebre interviene anche il
manoscritto
"Novena in onori de sa SS.
Virgini Assunta", nel quale si legge apertamente: "Tre sacerdoti
sopra tre sedie estraggono il Simulacro
e lo collocano colla stessa
positura sulla detta bara". Tale convinzione, avvalorata dai
Concili di Efeso (431) e di
Nicea (787), � rimasta invariata nel corso dei tempi fino al 1950,
quando papa Pio XII dava la
definizione dogmatica sull'Assunzione di Maria, Munificentissimus
Deus.
L'atto della Chiesa determin� il
cambiamento artistico, con il passaggio dei simulacri dalla posizione
dormiente a quella eretta (cosa
non avvenuta a Guasila). La vestizione ha termine nella tarda mattinata,
quando il letto dorato, con la Vergine
dormiente, verr� portato al centro della chiesa.
Tutto � pronto per aprire i
festeggiamenti. Ma, anche qui, un altro rituale,
forse ancora pi� antico, interviene
con tutto il suo fascino e con tutto il suo mistero
La caccia alla
giovenca.
Il 14 agosto � il giorno della vigilia della festa patronale. Il primo
giorno dei festeggiamenti solenni.
Ma, unico in Europa e forse nel
mondo, l'atto d'apertura di tali festeggiamenti � legato a qualcosa
di sacro e profano insieme. Parliamo
di un relitto folclorico che ci proviene dai secoli precristiani?
Parliamo di un rito di passaggio
delle societ� agropastorali? La risposta, stando alle cose osservate, �
affermativa per l'una e per l'altra domanda.
Sa cassa de s'akkizedda
costituisce un momento a s�, una festa nella festa.
Nel rituale sono presenti tanti
di quegli elementi profani, che lo mettono al di fuori della festa
religiosa.
Eppure esso � il primo dei
festeggiamenti della festa grande. Ne � addirittura l'apertura.
Una giustificazione di una tale
distonia viene vista nella stratificazione operata dalla Chiesa nella
sua evangelizzazione.
Quest'ultima, infatti, non ha
mai prodotto contrasti con le credenze dei pagani, con i rituali delle
diverse popolazioni.
Ma ha inglobato gli atti di quel mondo
magico-religioso antico entro la nuova dimensione di fede, quella
cristiana.
Il risultato � nella realt�.
Cassai s'akkizedda, catturare la giovenca, o nella sua variante a
kurri s'akkizedda,
correre la giovenca, acquista,
per via di tale operazione, un significato religioso che rimanda
all'esorcismo.
Ci� giustifica anche il fatto di
essere il primo atto dei festeggiamenti, senza il quale gli stessi non
possono avere inizio.
Prima che la Vergine passi per
le vie del paese, con la solenne processione, si rende necessario
cacciare (rimanda allo stesso verbo kurri)
le forze maligne, che nella fantasia
popolare ha sempre accompagnato i diversi momenti della giornata.
Al di l� del significato prettamente
religioso, il rituale accoglie pienamente anche il significato di
rito di passaggio
caratteristico delle societ�
agropastorali, dove il passaggio al mondo degli adulti o all'et� adulta,
da parte di un giovane,
veniva decretato con prove di abilit�.
E catturare una giovenca, in un contesto di allevamento come quello
guasilese,
era certamente cosa consona con
l'intento e con lo scopo. Il passaggio all'et� adulta consentiva anche
di potersi sposare.
Ebbene, un aspetto del rituale
in questione, come recita la tradizione, � proprio quello di vedere
sposato
entro l'anno il vincitore della
manifestazione.
Che il rituale, poi, riguardi l'intera comunit� � testimoniato sia dalla
formula di invito estesa alla popolazione, sia dal pasto
sociale che seguiva alla cattura
e che, nella degradazione della tradizione, � rimasto come "donai sa
petza a is poburusu",
dare le carni ai poveri (conclusione
del rituale non pi� in uso).
La caccia alla giovenca, nel suo
svolgimento, prevede una serie di atti consequenziali:
a) la formula di invito;
b) la gara riservata agli scapoli del paese;
c) la toilette dell'animale;
d) la bardatura a festa del gruppo animale;
e) la processione e la benedizione dell'animale;
f) la macellazione dell'animale.
La manifestazione � aperta dalla cosiddetta formula di invito che
gli obrieri pronunciano porta a porta:
Nosu seus benius cumenti si usada e
costumada po si invitai a kurri s'akkizedda, primu po fai onori
a sa Santa, sigundu po fai
cumpang�a a nosu, krasi a is (viene indicata l'ora) in (viene
indicato il luogo)
[Noi siamo venuti, come uso e
costume per invitarvi alla caccia (o a correre) della giovenca, in primo
luogo
per onorare la Santa, in secondo luogo
per far compagnia a noi, domani (�) in (�)]. L'invito decreta l'aspetto
comunitario della manifestazione. Non
� qualcosa che riguarda solo gli organizzatori e i partecipanti alla
caccia.
Tutti sono chiamati a farne parte
(ecco, quindi, l'invito porta a porta, nessuno escluso).
Una volta indicata l'ora e il luogo
dello svolgimento, la popolazione accorre per seguire con la massima
attenzione
tutte le fasi della manifestazione.
Entrambe le ipotesi, quella del rituale esorcistico e quella del rito di
passaggio sono
importanti per la comunit�. Ad
avvalorare quest'ultima ipotesi concorre la partecipazione degli
ammogliati,
i quali dovranno durante tutta la
manifestazione creare ostacoli alla cattura e fare in modo cos�
che gli scapoli dimostrino
destrezza. Essi si frappongono tra l'animale e gli scapoli, incitano
alla fuga l'animale,
vigilano che la cattura dello
stesso avvenga secondo le regole stabilite dalla tradizione: prendere al
laccio solo le corna,
a korru' limpius, e non
ad esempio anche un orecchio, e liberarla di nuovo qualora la cattura
avvenga ad animale fermo.
La mattinata della vigilia � dedicata
a questa manifestazione. Alla cattura segue la sfilata con i cavalieri
partecipanti che
attorniano il vincitore,
riconoscibile dalla canna fresca e il fazzoletto, su muccadori, a
essa legato, simbolo del premio,
che in realt� � dato dal prestigio e
dall'ingresso all'et� adulta del giovane cavaliere. La giovenca,
adagiata sul carro verde,
colore classico contro il
malocchio, po no di pig�i ogu, e trainato dai buoi, verr� portato
alla casa dei priore, capo organizzatore
dei festeggiamenti, dove si far� festa
e si proceder� alla toilette dell'animale e alla sua bardatura a festa,
con fiori e limoni alle corna.
Giunti, poi, sul sagrato della chiesa,
il parroco le impartir� la benedizione, e con essa a tutti i
partecipanti. E' questo l'ultimo
atto della tradizione resa monca
dal passare del tempo. La macellazione dell'animale e lo stesso pasto
sociale sono
oramai cancellati. Ma, non �
cancellato il fascino della manifestazione, che rimane vivido,
nonostante il peso di quasi duemila anni
Le corse dei
cavalli.
E' il giorno solenne dell'Assunta. Dopo il pranzo sontuoso, su
prangiu de sa festa, il pomeriggio riserva un appuntamento
d'eccezione, sia per il suo aspetto
spettacolare, sia per il posto che occupa nel panorama delle tradizioni
isolane.
Le corse dei cavalli, infatti,
conosciute in tutta l'Isola, sono il momento clou di quasi tutti i
festeggiamenti
di un certo livello, delle
grandi feste, is festas mannas. Esse hanno appassionato i Sardi
da tempi immemorabili
e ancora oggi suscitano in essi
un'attrazione fortissima, se solo per esse si spostano di paese in paese
anche
a lunghe distanze. A Guasila,
is kuaddus kurridoris rivestivano una importanza tale da riservare
nella toponomastica
locale una strada di campagna
proprio per tale manifestazione. E' nella immediata periferia del paese,
infatti, sa 'ia de is kuaddus
kurridoris, la strada dei cavalli da corsa.
I tempi moderni e i vincoli dettati
dalla legislazione attuale non hanno cancellato la manifestazione.
Anzi, negli ultimi decenni, essa ha
assunto una spettacolarit� ancora maggiore, grazie all'interessamento
di un'apposita associazione
(Associazione Ippica Guasilese), che ne cura i particolari anche nei
minimi dettagli,
e alla costruzione del
galoppatoio comunale, che oltre ad accogliere le corse, � una struttura
valida per tute
le attivit� legate al cavallo, da
quelle sportive a quelle terapiche. Nel 1986 le corse tradizionali
venivano incluse
nel Palio di Santa Maria,
voluto dall'associazione menzionata con lo scopo di salvaguardare la
tradizione,
da una parte nell'organizzarle con la
massima cura, dall'altra per favorire un incremento ippico, che in paese
e nel circondario, languiva da
tempo. Le capacit� organizzative dimostrate dal gruppo e il sostegno
della popolazione dell'intera
zona, sempre numerosa nelle varie edizioni, hanno dato un'iniezione
di ottimismo in tutto il settore.
Numerose sono state le scuderie, provenienti dalle quattro province
sarde, che hanno riservato e riservano
i loro puledri migliori alla competizione guasilese e grande �
sempre stato l'aspetto
spettacolare. Delle antiche cursas a su pannu, corse per il
panno, o palio, rimane
vivido lo spirito. E a esso si
aggiunge oggi il prestigio offerto dal drappo in stoffa pregiata, con
ricami
in oro zecchino, che viene
consegnato in luogo del panno, su pannu, (un tempo legato a una
canna fresca)
al comune per il quale � iscritta a
correre la scuderia vincitrice. Per tutti questi aspetti organizzativi e
spettacolari,
il Palio di Santa Maria occupa
nel panorama delle corse in Sardegna un posto di primo piano
Is agullas de Santa
Maria.
A conclusione dei festeggiamenti patronali e dopo aver rimesso il
Simulacro nella nicchia dell'altare,
il 23 di agosto, a seguito del
rito della vestizione, gli obrieri e le priorisseddas girano per il
paese
con su pobinu de is agullas.
Sono gli spilli che per tutta la festa sono rimaste sotto il cuscino
dove poggiava la testa la
Vergine. E, per questo fatto stesso, benedetti e portatori di virt�
particolari.
La tradizione attribuisce a
questi spilli il potere di far cessare il mal di testa, e non solo a
Guasila,
se tale tradizione � conosciuta in
tutta l'Isola. Di casa in casa vengono offerte is agullas e chi le
riceve
ringrazia, segnandosi e
rivolgendo il pensiero alla Patrona po campai de dannu a tottusu!
Per proteggere
tutti quanti dalle disgrazie. In
segno di riconoscimento per tale gesto viene data in offerta agli
obrieri
una piccola somma di denaro, i quali
utilizzeranno liberamente; in genere per una festicciola a cui verranno
invitati anche quanti hanno
collaborato alla preparazione e allo svolgimento della festa. Con
l'offerta
de is agullas la festa
patronale si chiude ufficialmente e si rinnovano gli auguri per l'anno
prossimo,
a s' annu chi benidi,
quando un nuovo gruppo lavorer� incessantemente per riorganizzare i vari
momenti salienti
Is kursas a su
stampu.
Una delle feste di calendario, tra le pi� antiche, � quella di
Carnevale, che un tempo
non lontano aveva forti
accenti religiosi, precedendo essa la Quaresima, tempo
di penitenza! Il
Carnevale a Guasila, Sacarapetza, chiamava in chiesa i cittadini,
dove per
l'occasione veniva esposta anche l'ostia consacrata per le SS.
Quarantore,
is korant'orasa.
Al di l� dei suoi significati arcaici, come l'usanza di mascherarsi,
i' mascaras,
pi� o meno conosciuta in tutto il mondo, la festa ha conservato, seppure
in modo
degradato, aspetti di un certo rilievo, che affondano le radici in un
lontano
passato. Tra
questi is kursas a su stampu, lett. le corse al buco. Di retaggio
medievale,
ma riteniamo siano
ancor pi� antiche, le corse consistevano nella tecnica di far passare
una pertica,
nello stile delle lance dei cavalieri di antica memoria, attraverso un
buco
ricavato in un pezzo
quadrato di tavola, appeso a una fune che attraversava la strada,
in modo da lasciarlo
penzoloni al centro della strada e a una certa altezza dal suolo.
I cavalieri, in
maschera, partivano da una notevole distanza, in modo da dare
il tempo al
cavallo di lanciarsi in una corsa sfrenata, mentre il pubblico
costituiva
due ali lungo la
strada (in genere la via principale di Sa Serra, dalla prossimit� di
Su Pardusiddu fino al
piazzale davanti la parrocchiale). Oltre al prestigio
personale di chi
riusciva a far passare la pertica per un numero superiore
agli altri, un
significato della manifestazione � stato colto nei riti propiziatori
primaverili,
stagione in cui si invoca una buona annata. Lo stesso atto dell'infilare
la pertica nel
buco, ricavato nella tavola, rimanda all'atto sessuale e quindi ai culti
di fertilit�; rituali a
sfondo sessuale di cui era ricca la societ� sarda precristiana.
Le corse erano la
manifestazione clou, che in genere occupava il pomeriggio del Marted�
Grasso,
su martis de ag�,
e vedeva la partecipazione di numerosi e bravissimi fantini, i quali si
divertivano anche nelle
difficilissime quanto spettacolari pariglie, is pariglias: corse
sfrenate con i cavalli
appaiati e sui quali due o tre cavalieri davano luogo ad acrobazie
varie.
A parte qualche
tentativo di ripristino, la manifestazione � assente da tempo in paese,
come assente �
l'altra manifestazione di segai is pingiadas, rompere le pentole.
La rigida
osservanza dell'astinenza e del digiuno, unite al divieto di mangiar
carne,
portava alla
necessit� di rompere il vasellame (le pentole erano di terracotta!) e
quanto
era stato usata con
grassi animali. Di qui l'origine di segai is pingi�das, che
avveniva
su domigu y ag�,
la domenica dopo il mercoled� delle Ceneri e ultimo giorno di festa,
con l'incombere
del periodo quaresimale dove non si celebravano neppure i matrimoni.
Canti e balli
tradizionali.
Sia le feste, sia le ricorrenze (con questo termine includiamo tanto le
cerimonie a carattere collettivo,
quanto quelle a carattere familiare),
erano caratterizzate dall'aspetto ludico e religioso,
come abbiamo avuto modo di osservare,
ma, soprattutto dall'aspetto coreutico-musicale,
a tutti gli effetti l'anima
stessa di ogni cerimonia a carattere sociale. Soprattutto il canto
ha accompagnato ogni fase di
vita civile e religiosa, con produzioni che hanno arricchito il
repertorio poetico guasilese.
Il canto religioso � rimasto a lungo
incanalato lungo il solco tracciato dai catalani goigs,
conosciuti come goggius o
goccius, laude per la venerazione e l'esaltazione delle virt�
eroiche
dei santi. Questo tipo di
componimento, conosciuto pressoch� in tutta la Sardegna nella forma
musicale,
seppure con lievi variazioni nelle
diverse aree regionali, cambiavano invece nel componimento letterario.
Ci� fa supporre che molti di essi
abbiano avuto origine negli stessi luoghi di devozione, con autore
locale.
Un esempio � dato dai Goggius
de Nostra Signora d'Itria, culto presente in tutta l'Isola.
Ebbene, nelle
vicine Guasila e Villamar, dove
ricorrono i festeggiamenti omonimi, i testi letterari sono del tutto
differenti.
Capita anche di avere dei componimenti
letterari e musicali "singolari", intendendo con questo termine
la registrazione tradizionale in un
solo paese, rimanendo sconosciuto in altri, anche viciniori.
E' il caso del Deus ti salvit,
Rejna, che si canta a Guasila in occasione delle feste mariane
e sconosciuto nei paesi del
circondario,
ma anche, pare, del resto
dell'Isola.
Il canto, di otto brevi quartine, e molto probabilmente di autore colto,
si sviluppa su di una melodia
con accento melanconico, ma che si
risolve in accordo maggiore, dando un pieno senso di serenit�,
cos� come traspare nello stesso testo.
La devozione e la partecipazione sentita al canto da parte
della popolazione � alla base di un
effetto sonoro che solo l'ascolto riesce a cogliere.
Altro canto singolare � quello de
S'andimironnai, il quale sia nella forma letteraria,
sia in quella musicale, fa
presupporre un'origine antichissima:
Andimironnai
Andira a Nora
Y Andira
Andimironnai
Inutile nascondere l'assoluta assenza di un significato che possa
venirci incontro
in una auspicabile spiegazione.
In molti vedono un riferimento alla citt� di Nora
e a un'altra fantasmagorica
Andira, ma nessun esperto ha mai potuto finora trovare
gli agganci giusti. Molto pi�
verosimile credere in un relitto linguistico protosardo
"andimironnai", giunto
fino a noi chiss� come. Ma, � nella forma musicale
che il canto guasilese di questo tipo
rimane singolare. Infatti, contrariamente
a quello conosciuto nel resto
dell'Isola, S'andimironnai guasilese ha una linea melodica
completamente differente.
Al punto che lo stesso
musicologo Giulio Fara, nella sua raccolta Canti di Sardegna, lo ha
indicato come
"Canto di Guasila" (riportato come "Muttettu
de tristura" e come testo poetico: Tristu passirillanti). (G.
Fara, 1923)
In tutta la rimanente produzione, il
canto pi� usato in assoluto � su muttettu, sia nella versione
a su laralall�i, sia in quella
a sa trallallera. In questo, per�, non differendo dagli altri
paesi.
Il mottetto guasilese a su
laralall�i, presenta ora su sterrimentu a dus peis (A-B), ora
a tres peis
(A-B-C), con conseguente
coberimentu a tresi
(A-B-A) o a quatturu rimasa (A-B-C-A).
Il mottetto a sa trallallera, invece, � composto a quartina (A-B-A-B
oppure A-B-B-A)) ,
anche se non manca il mottetto come
sopra descritto, accompagnato con il trallallera.
L'uso generalizzato di queste forme
trova la sua giustificazione nella semplicit� di composizione.
Il discorso cambia davanti a
componimenti pi� complessi, come sa repentina,
sa canzoni a cruba,che pure
erano ampiamente conosciuti e apprezzati. Soprattutto
quest'ultima costituiva il canto
di un certo livello, sulla scia delle ottave tassiane
e ariostane, con cui si sviluppavano
temi amorosi o politici o religiosi, e comunque
di interesse collettivo.
Numerose sono le Canzonis del repertorio guasilese.
Dell'ultimo secolo, sono
ricordate quelle di Battista Casti, di Enrichetto Pinna e
di Pietrino Melas. Di quest'ultimo si
conservano anche repentinas e altri componimenti,
che, a causa della loro
complessit� di composizione, sono stati trascurati gi� da tempo.
Non meno interessante l'aspetto legato alle danze locali. Pur nella
continuit� dei significati
attribuiti al ballo e conosciuti
a livello mondiale, non possiamo esimerci dal dire due parole
su quel ballu tundu, da cui
originano le danze di Sardegna, pi� comunemente ballu sardu
(in contrapposizione ai ballus
civilis, degli ultimi tempi). A Guasila il ballo sardo si sviluppava
su
di una linea coreutica alquanto
semplice, con i due ballerini, uno fianco all'altro, mano nella mano,
in un atteggiamento serio e
composto, quasi in contrasto con la stessa baldanzosa picchi�da
che il suonatore eseguiva, sia
con le launeddas o su suittu, strumenti di canna entrambi,
sia con la fisarmonica o l'organetto
bitonale. L'attesa per il ballo era giustificata dal fatto
che esso e soltanto esso
consentiva un breve e innocente contatto con la persona amata.
Ed era attraverso il ballo che i
due amanti in pectore perfezionavano l'intesa, con colpi
d'occhio e sorrisi, o pi�
semplicemente rimanendo insieme ed evitando di ballare con altri.
Questo era lo scopo del
cosiddetto ball'y og�i, il ballo con cui ogni ragazzo invitava al
suo
braccio le ragazze presenti e,
in particolare, quella amata, spesso di nascosto.
Il rifiuto della ragazza suonava
come risposta inequivocabile di rinuncia,
spesso messa in relazione al
fidanzamento, a su fastiggiu, ed evidentemente al matrimonio.
Il ballo, inoltre, offriva anche la
possibilit� di far valere le proprie doti. Doti che in certi casi
erano evidenti, come nella
sciampitta, il salto, che il ballerino eseguiva facendosi tenere da
due compagni. Era, sa sciampitta
la forma pi� acrobatica del ballerino. Agilit� e fantasia
si univano in un crescendo,
tipico della musica sarda (ma anche orientale), assecondate
dal rincorrersi frenetico delle note
degli strumenti. Pi� cadenzato era invece su ballu cabillu,
il ballo saltellato, basato su
di una melodia pi� semplice, dai toni comunque allegri e vivaci.
Sia i balli, sia i canti di
Guasila sono stati recuperati e riproposti al pubblico
grazie al paziente lavoro dell'A.T.
Pro loco, che opera da oltre trent'anni e che
ha costituito il Gruppo folcloristico,
con cui ha avuto modo di farli conoscere
nelle altre aree sarde e nelle regioni
d'Europa. Alla stessa Associazione si deve
il recupero di altre forme
tradizionali paesane. Tra l'altro, di particolare successo
il lavoro di recupero degli
attrezzi e degli strumenti delle attivit�, sia casalinghe,
sia di campagna, del contadino e del
pastore, figure standard di una comunit� agropastorale come quella
guasilese